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Il fotografo – e spesso sta proprio qui la sua bravura – dovrebbe muoversi intorno all’evento per descriverlo, per cogliere dei gesti, delle emozioni, per fissare degli attimi.

Il fotoreportage dovrebbe quindi con le immagini raccontare l’evento. Le fotografie dovrebbero essere la narrazione di una storia. Ciò dovrebbe essere ovvio, ma non lo è: nel reportage non deve esserci costruzione, non si deve intervenire per modificare la scena o pilotare i protagonisti, non si deve fare della fiction.

Dall’insieme di tutti gli scatti si riuscirà così a leggere la storia di una vita, di un evento oppure il giorno del matrimonio appunto.
Perciò, se si interpreta il matrimonio come un evento da raccontare, l’approccio del fotografo dovrebbe essere – almeno dal punto di vista formale – lo stesso con cui avvicinerebbe qualsiasi altra storia.
Certo, lavorare con questa visione dello scatto e considerare quindi il matrimonio come il reportage di un evento, è forse uno degli assignment più difficili con cui un professionista deve confrontarsi.
Deve essere buona la prima, perché se sbagli il servizio non è che puoi aspettare l’anno dopo o chiedere alla coppia e agli invitati di rifare tutto daccapo. Come sostiene il fotografo Ferdinando Scianna in una sua intervista(1), quando documenti lo devi fare al meglio, con il diaframma giusto e alla giusta distanza dal soggetto, e non hai tempo di pensare troppo alla tecnica – quella la devi conoscere a prescindere – perché l’evento va avanti e molto di quello che accade dura giusto il tempo di pochi secondi.
Il “momento decisivo” bressoniano vale a maggior ragione nel giorno del matrimonio.

Quando porti avanti un progetto fotografico, magari impieghi alcuni mesi, addirittura anni e se ancora non sei soddisfatto, puoi sempre rimandarne la pubblicazione. Se si “racconta” il matrimonio no! Tutto si esaurisce nell’arco di poche ore e il servizio deve uscire al meglio senza se e senza ma.
Tecnica, arte, colpo d’occhio, cuore, taglio, personalità, approccio al soggetto, psicologia e molto altro ancora sono quello che un fotografo di matrimonio deve necessariamente avere. Deve essere discreto, ma continuamente attento per non perdere attimi importanti e unici. Deve saper “scomparire davanti al soggetto” come dice Henri Cartier-Bresson, ma al tempo stesso essere “abbastanza vicino” in linea con la filosofia di Robert Capa.
Deve guardarsi intorno alla Paul Fusco e deve saper dosare e capire la luce alla McCurry.
Insomma, occorre fare molta autocritica quando ci si propone come reportagisti del matrimonio perché, se fatto come dovrebbe, è tra i servizi più difficili che un fotografo possa realizzare.